Di ritorno da Kloar con saint Robert nel
calendario e la Bretagna nel cuore
Il 30 aprile è il mio compleanno.
Ho sempre amato questa data perché noi europei nella
notte tra il 30 aprile ed il 1 maggio celebriamo da tempi lontanissimi il
risveglio della natura dopo il sonno dell’inverno: è la notte di Beltene per i
celti, la notte di Valpurga per i germanici, l’inizio del mese della dea Maia
per i romani, divenuto poi mese di Maria per i cristiani.
Il 30 aprile di quest’anno è stato veramente
speciale. L’ho passato in Bretagna,
terra magica, in cui la Tradizione è forte in tutti i sensi ed in particolare
lo è la tradizione musicale.
Sono andato là per suonare e cantare il maggio con
il mio amico e collega marchigiano Marco Meo, affiancando in concerti, fest-noz, suonate e
bevute nei bistrot il magnifico Chacho Marchelli e l’irrefrenabile gruppo
piemontese dei Calagiubella. Noi tutti dell’allegra comitiva marchigiano-piemontese
siamo stati invitati ed amorevolmente accolti ed ospitati da due grandissimi musicisti
bretoni, Brigitte Kloareg e Yann-Fanch Perroches, e da una splendida comunità
di cultori di musica e di danza tradizionale. Solo l’avere il privilegio di
passare qualche giorno con Brigitte, Yann-Fanch e tutti i loro amici e
collaboratori già sarebbe bastato a riempirci di gioia e benessere. Ma, si sa,
i pellegrinaggi presso i centri della tradizione offrono sempre qualcosa di
più, qualcosa di indescrivibile a parole, di profondo, di spirituale a chi vi
si avvicina nel modo giusto.
Il soggiorno a Kloar è stato preceduto e seguito da
incontri meravigliosi: nel viaggio di andata quello con Patrice l’antiquario,
in Auvergne, con il quale avevamo un appuntamento senza conoscere il suo
indirizzo e che siamo riusciti a trovare, nel suo paese, solo dopo esserci
messi a suonare il maggio per strada (che bella prova iniziatica!); nel viaggio
di ritorno l’incontro con Christophe Deslignes, in Bretagna, grandissimo maestro
mondiale dell’organo portativo che ci ha accolti a casa sua, ci ha dedicato il
suo tempo e mi ha donato importanti suggerimenti riguardanti il mio nuovo
strumento.
A Kloar sono stato rapito dalla benevolenza di
tutti e ho potuto attingere da fonti luminose, da “iridate sorgenti” (come
direbbe il compositore maceratese Lino Liviabella) di tradizione e di musica.
Una fonte è la voce, il canto meraviglioso del popolo bretone, di Brigitte Kloareg
in particolare, di sua figlia Katell, di Valérie Imbert e di tanti altri
cantori tradizionali: il canto è la musica tradizionale, devo sempre ricordarlo
io che spesso quando c’è da cantare mi tiro indietro. Un’altra fonte è la
musica di Yann-Fanch, ovvero l’esempio pratico del divenire della tradizione:
la sua musica è modernissima e ancestrale nello stesso tempo, semplice e
complessa, essenziale e ridondante, va oltre la categoria del bello verso … il
sublime.
Il canto, la musica strumentale … queste due fonti
alimentano un flusso di energia che inevitabilmente fa girare la danza.
Ho ancora dentro la gavotte cantata in coppia da
Brigitte e Katell ed accompagnata da Yann-Fanch. Sì, ce l’ho nel corpo,
nell’anima, nello spirito, non solo nelle orecchie, perché l’ho ballata e l’ho
ballata, come avviene spesso nelle danze bretoni, come anello di una catena che
unisce tante persone in un tutt’uno, in un unico corpo sociale. Chiunque può
entrare se balla nel modo giusto, nel modo tradizionale.
Ballare le danze bretoni è ricevere una lezione di
civiltà. E’ superare l’individualismo per fondersi con l’altro nel creare
un’unica catena che potrebbe (dovrebbe!) estendersi all’infinito.
In passato danze del genere erano sicuramente più presenti di quanto
non lo siano oggi anche in area mediterranea.
Nelle Marche non se ne ha memoria e allora … e
allora ben vengano le danze bretoni anche qui da noi! Magari come esercizio,
divertente e profondo. Paradossalmente potranno aiutarci fisicamente e
mentalmente a conoscere meglio noi stessi, come singoli e come appartenenti ad
una comunità, la nostra comunità marchigiana, alla quale a volte ci
dimentichiamo di appartenere, della quale spesso cerchiamo di non vedere i
tratti peculiari ancora evidenti, della quale non siamo educati a conoscere la
storia, l’essenza.
Conoscere noi stessi, perché, citando Bernardo di
Chiaravalle, “plus j’avance dans la connaissance de mon “moi”, plus je
m’approche de la connaissance de Dieu” (più avanzo nella conoscenza del mio io,
più mi avvicino alla conoscenza di Dio).
Conoscere me stesso. Vi racconto un piccolo
aneddoto. Il 30 aprile, a Kloar, inizio la giornata tenendo una lezione
collettiva di organetto diatonico nel corso della quale … mi telefona mia madre
per farmi gli auguri di buon compleanno. I miei allievi, venuti a conoscenza
della ricorrenza, mi fanno a loro volta degli auguri calorosissimi in quanto
doppi poichè il 30 aprile in Francia … è anche san Roberto!!!!
Ma vi rendete conto?!?!? Io mi chiamo Roberto
perché negli anni in cui sono nato il centravanti dell’Inter era Roberto
Boninsegna!! In tutti i calendari che ho visto da sempre il 30 aprile è il
giorno di San Pio V, tra l’altro conterraneo dei Calagiubella! E invece in
Francia è san Roberto! Sì, san Robert de Molesmes, benedettino, borgognone (la
casa di Borgogna ha avuto molto a che fare con le Marche), uno dei fondatori
dell’ordine cistercense. Non me ne vogliate ma da ora in poi nel mio calendario
il 30 aprile sarà san Roberto.
In Bretagna ho conosciuto un po’ di più me stesso, grazie
a Brigitte, a Katell e alla sua famiglia, a Yann-Fanch e alla sua famiglia, a
Véro e Jannot, a Francine e Francois, a Valérie, Alix, Bruno, a tutti i nuovi
amici bretoni, a saint Robert, a Marco Meo, franco-piceno sempre più compagno
di avventure, e di sicuro, grazie ai leoni piemontesi, Chacho Marchelli e i
Calagiubella.
In Francia si dice “la pluie le jour de saint
Robert, de bon vin remplira ton verre” (la pioggia il giorno di san Roberto, di
buon vino riempirà il tuo bicchiere). Beh, il 30 aprile a Kloar è piovuto!
Conclusa la lezione di organetto, la giornata è
proseguita con la mia festa di compleanno a sorpresa (durante la quale,
ovviamente, ho pianto) e con la visita a Locronan. Qui ci siamo fermati a
suonare fino a tarda notte all’Ostaliri Ty Jos.
Vi assicuro che i proverbi francesi non sbagliano
mai!!!!
De retour de Kloar avec saint Robert dans le calendrier et la Bretagne dans le cœur
Mon
anniversaire est le 30 avril.
J’ai toujours aimé cette date parce que nous, européens, durant la nuit entre le 30 avril et le 1er mai, nous célébrons depuis des temps immémoriaux le réveil de la nature après le sommeil de l’hiver : c’est la nuit de Beltane pour les Celtes, la nuit de Valpurga pour les Germains, le début du mois de la déesse Maia pour les romains, devenu ensuite de mois de Marie pour les chrétiens.
J’ai toujours aimé cette date parce que nous, européens, durant la nuit entre le 30 avril et le 1er mai, nous célébrons depuis des temps immémoriaux le réveil de la nature après le sommeil de l’hiver : c’est la nuit de Beltane pour les Celtes, la nuit de Valpurga pour les Germains, le début du mois de la déesse Maia pour les romains, devenu ensuite de mois de Marie pour les chrétiens.
Le 30 avril
de cette année a été vraiment mémorable. Je l’ai passé en Bretagne, terre
magique, dont la tradition est forte, dans tous les sens et en particulier la
tradition musicale.
Je m’y
suis rendu pour jouer et chanter le mois de mai avec mon ami et collègue des
Marches, Marco Meo, nous unissant dans
les concerts, le Fest-noz, la musique et les libations dans les bistrots avec le magnifique
Chacho Marchelli et l’irrésistible groupe piémontais des Calagiubella. Nous
tous du groupe allègre des Marchigiani/Piémontais avons été invités, accueillis
et hébergés avec tendresse par deux très grands musiciens bretons : Brigitte
Kloareg et Yann-Fanch Perroches, et par une splendide communauté d'amateurs de
musique et de danse traditionnelle. Le simple privilège de passer quelques
jours avec Brigitte, Yann-Fanch et tous leurs amis et collaborateurs suffirait pour
nous remplir de joie et de bien-être. Mais, comme on le sait, les pèlerinages
aux centres de la tradition offrent toujours quelque chose de plus, quelque
chose de difficile à cerner avec des mots, de profond, de spirituel pour qui
s’en approche de la manière juste.
Le
séjour à Kloar a été précédé et suivi de rencontres merveilleuses : durant le
voyage de l’aller, celui de Patrice l’antiquaire, en Auvergne, avec lequel nous
avions un rendez-vous sans connaître son adresse et que nous avons réussi à
trouver, dans son village, seulement après avoir commencé à jouer le mois de
mai en rue (quel beau test initiatique!) ; durant le voyage de retour, la
rencontre avec Christophe Deslignes, en Bretagne, le splendide maestro mondial de
l’orgue portatif qui nous a accueilli chez lui, nous a dédié son temps et m’a
fait des suggestions importantes concernant mon nouvel instrument.
À Kloar,
j’ai été ravi par la gentillesse de tous et j’ai pu puiser dans des sources
lumineuses de tradition et de musique, (à des « sources irisées »,
comme dirait le compositeur de Macerata Lino Liviabella). Une de ces sources est la voix, le chant merveilleux du
peuple breton, de Brigitte Kloareg en particulier, de sa fille Katell, de Valérie
Imbert et de tant d’autres chanteurs traditionnels : le chant est la
musique traditionnelle, je dois toujours m’en rappeler moi qui, quand il
faudrait chanter, me dérobe souvent. Une autre source est la musique de Yann-Fanch,
c’est-à-dire l’exemple pratique du futur de la tradition : sa musique est extrêmement
moderne et ancestrale dans le même temps, simple et complexe, essentielle et
redondante, elle va au-delà de la catégorie du beau vers… le sublime.
Le
chant, la musique instrumentale… ces deux sources alimentent un flux d’énergie
qui inévitablement fait démarrer la danse.
J’entends
encore la gavotte chantée en couple par Brigitte et Katell et accompagnée par
Yann-Fanch. Elle m’est entrée dans la peau, dans l’âme, pas seulement dans les
oreilles, parce que je l’ai dansée et dansée, comme c’est souvent le cas dans
les danses bretonnes, comme le maillon d’une chaîne qui unit de nombreuses
personnes en un tout, en un unique corps social. Tous peuvent entrer s’ils
dansent de la bonne manière, à la manière traditionnelle.
Danser
les danses bretonnes est recevoir une leçon de civilité. C’est dépasser
l’individualisme pour se fondre dans l’autre en créant une unique chaîne qui
pourrait (devrait !) s’étendre à l’infini.
Dans le
passé, des danses de ce genre étaient certainement plus présentes
qu’aujourd’hui aussi dans la région méditerranéenne. Dans les Marches, on n’en
a pas gardé la mémoire et alors… les danses bretonnes sont les bienvenues aussi
chez nous ! Aussi comme exercice, amusant et profond. Paradoxalement elles
pourront nous aider physiquement et mentalement à mieux nous connaître nous-mêmes,
comme individus et comme membres d’une communauté, notre communauté des
Marches, à laquelle nous oublions parfois d’appartenir, dont nous essayons
souvent de ne pas voir les traits particuliers encore évidents, dont on ne nous
apprend pas à connaître l’histoire, l’essence.
Nous
connaître nous-mêmes, parce que, en citant Bernard de Clairvaux, « plus
j’avance dans la connaissance de mon “moi”, plus je m’approche de la
connaissance de Dieu ».
Me connaître
moi-même. Je vous raconte une petite anecdote. Le 30 avril, à Kloar, je commence
la journée en donnant une leçon collective d’accordéon diatonique au cours de
laquelle… ma mère me téléphone pour me souhaiter un bon anniversaire. Mes
élèves, qui ont su quelle était l’occasion, me présentent à leur tour leurs
vœux chaleureux et doubles puisqu’en France, le 30 avril est… la saint Robert !!
Mais
vous vous rendez compte !?!? Je m’appelle Roberto parce que, au moment de ma
naissance, le centre-avant de l’Inter était Roberto Boninsegna !! Dans tous les calendriers que j’ai vu, le 30 avril
était toujours la fête de saint Pie V, d’ailleurs compatriote des Calagiubella!
Et au contraire, en France, c’est la saint Robert ! Oui, saint Robert de Molesmes,
bénédictin, bourguignon (la Maison bourguignonne a eu
de nombreux rapports avec les Marches), un des fondateurs de l’ordre cistercien.
Désormais, dans mon calendrier, le 30 avril sera la saint Robert.
En
Bretagne, je me suis connu un peu mieux moi-même, grâce à Brigitte, à Katell et
à sa famille, à Yann-Fanch et à sa famille, à Véro et Jannot, à Francine et
François, à Valérie, Alix, Bruno, à tous mes nouveaux amis bretons, à la saint
Robert, à Marco Meo, franco-picène toujours davantage mon compagnon
d’aventures, et certainement, grâce aux lions piémontais, Chacho Marchelli et
les Calagiubella.
Un
dicton français dit : « la
pluie le jour de saint Robert, de bon vin remplira ton verre ». Eh bien,
il a plu le 30 avril à Kloar !
Après la
leçon d’accordéon diatonique, la journée s’est poursuivie par la célébration de
mon anniversaire à surprise (durant laquelle j’ai évidemment pleuré) et par la
visite à Locronan. Nous nous y sommes arrêtés pour jouer jusque tard dans la
nuit à l’Ostaliri Ty Jos.
Je vous
assure que les proverbes français ne se trompent jamais !!!!
Io e Brigitte
Io e Yann-Fanch
Io Yann-Fanch, Véro, Bruno ...
Alle danze...





